LETTERA AD UN AMICO

Omaggio critico A TEATRO DA ME di Ridolfini

www.ciroridolfini.it

 

La rabbia che vive nella tua poesia, che come un fuoco indomabile elettrizza il verso, avrebbe potuto materializzarla un Hartung o un Pollock degli anni '40. Io riesco appena a sentirla perché è la rabbia di tanti che, come te e me, hanno creduto un tempo ciecamente in qualcosa: in quella «... forza che cambia tutte le cose» mentre la realtà, dura e spietatamente ambigua, ci ha trasformati in una « rarità di pigre bestie», il cui merito maggiore sta tutto nella straordinaria capacità di assuefarsi a qualunque forma di droga.
Forse è proprio quel tuo porre con ostinazione l'eterno quesito di una mai risolta giustizia, quel mordere il foglio nel vano tentativo di far saltare la griglia imprigionante della vita a connotare ossessivamente la gran parte dei testi poetici da te raccolti, all'interno dei quali vi è la consapevolezza di agire o credere di agire «in una giungla dove tutto muore ».
L'equazione lotta = produzione di valore sociale ha smarrito in una fogna la verità che le era stata attribuita.
Cosa può significare o dirci questa perdita?
Può essa trasformarsi in un acquisto?
C'è una intera genealogia da ricostruire per riguadagnare il presente. C'è da ricomporre un tessuto di materialità dei soggetti, la loro coscienza sociale e politica.
Cos'altro posso dire che non appaia risibile o scontato per contribuire in qualche modo a chiarire i nodi della poesia d'oggi e, in particolar modo, quelli dei tuoi «umani silenzi»?
Io mi muovo in un universo muto, quello del linguaggio pittorico e, pertanto, faccio fatica a servirmi di una lingua che da tempo, ahimè!, mi appare povera o per lo meno non sempre idonea a cogliere il reale valore di una pulsione creativa.
Ma non ho altro strumento a disposizione.
Il problema del linguaggio non può essere trascurato perché la lingua è un topos in cui si sono depositate tutte le forme di potere contro cui tu scagli le tue frecce.
Una vera e radicale trasformazione di una società passa anche attraverso il rinnovamento delle sue strutture linguistiche.
Il linguaggio non è una sovrastruttura dal momento che è mediante la parola che pensiamo.
Detto ciò non posso che riconoscere la veracità delle tue istanze e la qualità non trascurabile del ritmo stringente, irato è sofferto, con cui aggredisci il bianco delle pagine.
Tu sei un poeta tuo malgrado e malgrado tutto.

 

24 maggio 1985
Mario Persico